scritta bianca 'a fine tunnel' sfondo verde con teschietti immagini di panni stesi e di una di lampada a forma di papera in dissolvenza sullo sfondo scritta 'a fine tunnel', in corsivo
scritta bianca 'a fine tunnel' sfondo verde con teschietti immagini di panni stesi e di una di lampada a forma di papera in dissolvenza sullo sfondo scritta 'a fine tunnel', in corsivo
scritta bianca 'a fine tunnel' sfondo verde con teschietti immagini di panni stesi e di una di lampada a forma di papera in dissolvenza sullo sfondo scritta 'a fine tunnel', in corsivo
GUarDo Le stELLE Mi soNo rimASte soLo quelle.
---{ sabato, giugno 19, 2010 }---

La banalità del bene*

Le mezze storie incredibili che ho avuto in questi anni.
Io e l'altro, incapaci di ottimizzare investimento emotivo e realizzazione concreta, a tal punto che a volte credo che qualcuno si sia inventato dei sentimenti per me. Mentre lo scrivo me ne convinco sempre di più (sennò come può essere sopportabile questa tensione), ma se lo leggo a voce alta me ne convinco sempre di meno.

Le mie mezze storie bislacche, come se io non riuscissi a trovare un'uscita da me stessa.
Non lo dico per vantarmi di improbabili record al contrario, per inventarmi che "me li becco tutti io", non lo dico per provare per loro quel rancore sfigato che alcune cercano di incanalare nell'ironia crudele e malriuscita di post fieramente femminili alla sex and the city dove si ride sguaiatamente delle debolezze altrui solo nel momento in cui ci feriscono, quando le isteriche siamo forse noi ma non è questo il punto.

Le mie storie bislacche, ché quando ne racconto lo svolgimento (con discrezione) gli amici uditori esterni allargano le braccia in un gesto ampio di sollievo interrompendomi sorridendo con la soluzione in pugno: "Ah beh, se è così allora siamo a cavallo! tu porta pazienza".
Io rispondo solo: "Sì" o "Buh, sì." e poi cambio argomento. Anche per non rischiare di ribaltare, causa nervoso compresso, il tavolino del bar e tutti gli sprizzaperol sopra, casomai volassero tautologici escamotage consolatori come un "si vede che non gli piaci abbastanza" / "non hai ancora trovato quello giusto".

Da qualche tempo ho imparato a fare così, a dire "Buh" concilianti e sorridenti, e a cambiare argomento invece di insistere con le mie analisi ed interpretazioni giocoforza fallaci.

Fa bene ai miei uditori e fa bene a me, perché così non mi addentro in paranoie successive, in cui mi convinco, mano a mano le frasi fatte escono dalle loro bocche, che a loro non frega nulla di aiutarmi ad uscire da queste situazioni bislacche, che non ne sono in grado o hanno una visione della vita un po' danneggiata, o chi sono io per giudicarlo eppure lo faccio.

Le mie mezze storie incredibili riguardano persone che secondo me sono straordinarie, che di solito vivono momenti un po' di transizione e preferiscono parlare o ascoltare a lungo, che compiono gesti carini quasi sempre indovinati, che mi fanno incazzare con i loro atteggiamenti incongruenti, i loro "pero' possiamo restare abbracciati tutta la notte senza fare niente sarà bellissimo lo stesso". I loro, non i miei. Io non lo dico e non lo faccio, perché la produzione musicale e letteraria che ho affrontato in questi anni di esistenza terrena mi ha reso consapevole degli effetti devastanti che possono avere determinate incongruenze sulle persone che ti vogliono bene, bene vero o presunto ma nel dubbio mi comporto con rispetto, attenta per quanto possibile a creare aspettative proporzionate.

Io, le mie storie bislacche non le cerco mai, proprio per non finire in storie bislacche; aspetto (senza aspettare) che gli altri incappino nella mia esistenza, facciano la loro proposta (a volte coerente con il loro atteggiamento complessivo, a volte solo parzialmente coerente) così oltre alla sorpresa di essere piaciuta a qualcuno che ritengo in gamba scatta anche la lusinga: il metodo ideale per affezionarsi troppo quando il loro momento di transizione finirà e ritroveranno la via per le sane relazioni esogene con gente regolare.

Io non so se mi ritrovo in un periodo di transizione. È un'era zoologica. Se fossi io a scegliere, potrei decidere quando azionare l'interruttore ON/OFF, tenendolo acceso quando mi sento la primavera dentro e spento quando ho una giornata troppo grigia. Basterebbe fissarsi su una determinata caduta di stile per fare spallucce e dirsi, almeno per rimandare la questione, che "in fondo mi ero sbagliata, lui non è questo granché". Sarebbe comodo, ma a trent'anni suonati, temo ancora atavicamente il rifiuto di un mio primo passo. E non mi sento ancora pronta per usufruire dei broncetti, dei ricatti, delle sbuffatine annoiate, da mettere sul piatto subito così quell'altro accetta pregi e difetti in toto irrazionalmente, da bravo cagnolino schiavo della f**a.

Questo per dire che la scena unica della cucina di Ben Foster/Samantha Morton in "The Messenger" mi ha spezzato il cuore; a vedere loro, assieme, così normali, indugiare e soffrire con speranza.

*(e delle cose scritte di getto)

posted by milo @ 2:08 PM

0 commenti
     consolle :
how it should be
 
    mini me (milo)
icona con cartellina{30}
 
     disclaimer | policies:
icona con pennaYOUR EMOTIONS MAKE YOU A MONSTER
 
     letti. visti. ascoltati:
icona con occhiali :: Dürrenmatt "La promessa"
:::Surfer Blood
::::::Up in the air
 
     da jasmine :
icona con occhiali
 
     Yes!:
icona con gesto 'ok!' Buckn.
Tamas
accentosvedese
ted©
lpr
li'l bluez
uppsala derail
Marco
Stillill
vom
SMARTZ

Sorry I missed your party
Bob
 
     manifesto
icona con documento
 
    
icona con busta per lettera email me
 
    
The WeatherPixie

powered by blogger!, blogger image

powered by Blogger : written by milo aukermann + guests : layout by *gentleman*