---{ sabato, dicembre 27, 2008 }---
{"I wouldn't think she's cute unless she was in a band" appeal}
A volte è come una stanza vuota. La penombra, il parquet chiaro che dà profondità ad un’immagine in 16:9, una scrivania a salvarne la simmetria, una sagoma in lontananza china sulla scrivania. Scrive un paio di parole, appoggia il palmo completamente disteso sopra il foglio bianco immacolato, fatta eccezione per quel paio di parole, e improvvisamente richiude ad artiglio le dita, osservando come la penombra enfatizza le linee dei tendini sul dorso.
Con l’aiuto dell’altra mano raccoglie il lembo della pagina rimasto sul piano, completa la palla di carta creata e la getta dietro di sé. In quell’attimo sospeso non sente più di essere né la persona intenta a scrivere, né la palla di carta appena gettata. Sa di essere solo la stanza vuota.
Perché a volte si tratta di non capire le persone e ostinarsi lo stesso a provare.
In fondo chi ha mai fatto strada con le lettere e i carteggi; quando il pensiero è messo su carta in uno scambio a due esso diviene esposto a caducità. Anche le parole più belle vengono purificate dal senso. È probabile che le si possa rileggere fino a distillarne astio, finché non si riesce a vedere tra una riga e l’altra quanto mellifluo e vischioso può essere l’animo del mittente.
Sapendo che le premesse del gioco sono queste io non riesco a pensarlo, ma temo sempre che gli altri ragionino in modo diverso.
posted by milo @ 1:25 AM
0 commenti
|
|