scritta bianca 'a fine tunnel' sfondo verde con teschietti immagini di panni stesi e di una di lampada a forma di papera in dissolvenza sullo sfondo scritta 'a fine tunnel', in corsivo
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GUarDo Le stELLE Mi soNo rimASte soLo quelle.
---{ sabato, novembre 08, 2008 }---

{Statetris}

Sono fra le prime che spera che questi ultimi sbrachi siano in realtà segnali di uno sperato trombo che tenta, oh poverino lui tenta, di comprimere qualche flusso vitale del già compresso cervello di Egli, Iddu, il Messia, l’Unto del Signore. Ogni volta che ripassa il filmato delle sue parole mi immagino, ancora nel fiore dei miei anni giovani, armata di kalashnikov a sparare a salve arrampicata fuori dal tettuccio di una macchina per salutare la Sua dipartita alla volta del Coro Celeste.

Questa innocua speranza perde un po’ di gusto però leggendo un po’ la raffica di messaggi di Italiani che urlano disperati sui media statunitensi per scusarsi della Sua Gaffe e piangono cogliendo l’occasione per dire:“Noi non siamo così, quella mezza parte di Italia illuminata chiede scusa, fratelli.”

Suonano come delle excusatio non petita, delle indignazioni grottesche di fuorisede ascoltatori di Bregovic e Ska P, che quasi sicuramente un americano della suburb qualsiasi leggerà e accoglierà con un pigro: “Ah, vabé. Prendo atto. Ma perché ci scrivono in tanti? Ma l’Italia dov’è?”. Che poi, più o meno, sarà stata la reazione di McCain. Lo sconfitto calato confortevolmente nel ruolo dello sconfitto che torna a casa, si rilassa davanti il caminetto, riempie il bicchiere di whisky e comincia a sfogliare qualche telegramma. Davanti a un telegramma proveniente dall’Italia si ferma e aggrotta la sopracciglia: cerca di capire perché diavolo il brucaliffo capo della sinistra italiana gli scrive congratulandosi per il suo discorso finale di riconoscimento della vittoria di Obama.

C’è una presunzione per nulla cosmopolita nel preoccuparsi dell’immagine che diamo con questo episodio. Il fatto che la cronaca dell’episodio non abbia occupato né la prima né la seconda pagina, ma sia scivolato quasi alla trentesima pagina, dopo le beghe interne del Pakistan, mi induce a pensare che questa battuta suona folkloristica per loro, come per noi suonerebbe folkloristica una boutade razzista/razzistuncola da parte del primo ministro pazzeriello della Transnistria e suonerebbe simpaticamente inusuale la conseguente valanga di messaggi di quella parte di popolo della Transnistria che rigetta cotal disonorevole frase, tesa a creare uno spirito di unione della left mondiale cantando tutti assieme contro i cattivoni con una candelina in mano e disposti a forma di albero di Natale.

Peccato. Mi sarebbe piaciuto vedere un neologismo a tema, dedicato all’episodio su Urban Dictionary.

Non è che l’indignazione per quello che ci, a noi del Belpaese, sta accadendo in questo decennio deve essere di livello superiore perché lede l’immagine nostra negli Stati Uniti. Mi riferisco proprio agli Stati Uniti, perché per difendere la nostra immagine nel resto del mondo non ci mettiamo di solito così tanto appassionato trasporto. E poi lede… Lede cosa? Tali raffinatezze di pensiero sono autoreferenziali: possono solo provenire dalla comunità interna, quella che fornisce l’immagine, non quella che dovrebbe riceverla, se ha voglia di riceverla.

Partiamo invece dal fatto che come noi ci confondiamo staterelli e penisole anche grandi del Sudest asiatico, noi stessi in qualità di Italiani siamo e saremo sempre, a meno ché non arrivi qualche Gandhi-Ataturk-Churchill, quella cosa in basso, sotto Francia e Germania dove si mangia bene e fa sempre caldo.

Concentriamoci, con un po’ di misurata autarchia di pensiero, sul fatto che contando anche questa occasione è già la seconda o la terza volta che Lui ci dà, a noi della comunità interna, apertamente dei coglioni. A parole intendo, coi fatti ci dà dei coglioni quotidianamente da tre mandati a questa parte.

posted by milo @ 2:00 PM

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