scritta bianca 'a fine tunnel' sfondo verde con teschietti immagini di panni stesi e di una di lampada a forma di papera in dissolvenza sullo sfondo scritta 'a fine tunnel', in corsivo
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GUarDo Le stELLE Mi soNo rimASte soLo quelle.
---{ sabato, maggio 17, 2008 }---

Sara kills a cat

There it is, plain and simple.
It destroyed itself without any of my slander.
This is the lunacy by which we kneel.
This is the doublespeak by which we kill.
This is the inertia that keeps tradition feared.
This is the absurdity by which we walk barefoot with shoes on our heads.

Ponder this to get nearer to Nothing.
On top of the world, think about it, there's Nothing.

An unseasoned meal, monotone spirits, routine homily.
Nothing has never been clearer.
So kill a cat to keep logic at bay,
then eat my body's finest and fell me how it tastes.

Is it Nothing too? Does it stink like Nothing? Does it poison like Nothing?

E’ appurato che potrei piangere in qualunque circostanza. Ne facevo le prove tecniche ieri sera, mentre osservavo il solito vecchio cruccio dei pattern di sguardi e parole che si sviluppano sempre uguali a loro stessi di fronte ai miei occhi. Nel buio della sala mi sono concentrata a spremere il bulbo oculare e con mia sorpresa mi sono resa conto che se mi fossi lasciata andare ancora un pochino avrei potuto mettere in scena un pianto a dirotto che avrebbe spaventato o fatto ridere i presenti. Non so se mi va di analizzare dettagliatamente ciò che oggi mi spinge a scrivere questo, le paranoie recondite che ora non sento più presenti e che con troppa fatica dovrei riportare a galla. Decadono. Si dimezzano. Diventano presto sfuggevoli e annacquate; l’unica testimonianza del loro è passaggio è solo una patina di tristezza inconsistente nell’intimo, un’ombra innocua e bastarda del magone che così tanto eri sicura di provare e di giustificare in quel momento.

Il fatto di essere davvero sicura di poter piangere in qualunque circostanza è uno stato d’animo prolifico che libera la mia mente verso pensieri hard-boiled che provano a plasmare la distanza più netta, più nonsense, più triste (almeno per me) fra quello che vedo e quello che dovrei essere se la mia vita fosse stata piena di mille ulteriori “Se”.

Un concerto di gruppi perlopiù pessimi, il capannello di gente che si muove, le tipine che sorridono verso il palco mi fanno pensare a quanto sia irrimediabilmente fuori posto. La mia attitudine verso il mondo si trova su una linea di confine tutta mia ed inesprimibile dove la gente si avvicina a me per lo stesso motivo per cui si allontana. Il pubblico continua a muoversi, abbigliamenti studiati, divertimento sincero, chiudo veramente gli occhi come nei film e la prima cosa che balena inaspettata nel fondo del cuore è il simbolo della mia normalità raggiunta e successivamente abbandonata: all’isola d’Elba, fare l’amore in un alberghetto desolato in bassa stagione, davanti ad una finestra aperta su una pineta regolare che nasconde la vista del mare, prima di rimettersi in macchina in silenzio col finestrino abbassato alla ricerca di una pizzeria. Questa era normalità. Una prima vera vacanza adulta di coppia, soli, con i discorsi banali che fa una coppia mentre commenta gli aspetti funzionali della vacanza che sta vivendo, senza preoccuparsi di interagire con altre persone. Solo qualche saluto veloce a coppiette nella nostra stessa condizione quieta.


Era inutile?
Era bello?
E’ replicabile?
E’ auspicabile?

posted by milo @ 1:35 PM

0 commenti
---{ martedì, maggio 13, 2008 }---

Cosa cavolo è?
Perchè non passa?

posted by milo @ 10:59 PM

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